Leggere è essenziale per apprendere nuovi termini e far tua una lingua mano mano; è vero può essere un po’ difficile all’inizio, e ti abbiamo già consigliato delle letture adatte per te che stai imparando l’inglese. Se non ti ricordi, dai un’occhiata a questi link: – Libri in inglese di livello B1; – Libri in inglese di livello B2.
Eccoci invece oggi, quindi, con un blog un po’ più intellettuale: ci siamo occupati di videogames, di serie tv, di app; è arrivato però il momento di parlare di letteratura in lingua inglese! In particolare di letteratura americana.
L’obiettivo di quest’articolo è farvi conoscere qualcosa in più sulla cultura americana dandovi 5 autori che ne dipingono con penna e inchiostro l’essenza più variegata, profonda e veritiera. Inoltre sono anche consigli di lettura, per chi ne avesse il livello e il coraggio per mettersi alla prova. Non essendo però libri scritti apposta per studenti, spesso sarà molto difficile godersi appieno le opere di questi straordinari maestri senza una grossa dose di pazienza e un eccellente livello di partenza nella lingua inglese.
Quindi, a te che stai leggendo e sai di possedere un ottimo livello, ti consiglio di provarci allora! Mentre per te che non ti senti ancora sicuro delle tue abilità, ti consiglio di segnarti questi nomi, di certo ti torneranno utili in futuro!
Le copertine dei libri che troverete sono proprio quelle delle primissime edizioni in cui uscirono. Buona lettura!
È l’unico autore di questa lista – insieme all’ultimo che vedremo – che nasce nel secolo antecedente, ovvero nel 1899. Originario di un sobborgo di Chicago, passa la sua infanzia sulle rive del maestoso lago Michigan, nel nord-est del paese. Questo lo abitua fin da subito ad un rapporto stretto e privilegiato con la natura, cosa che si vedrà nelle sue opere più mature e coinvolgenti. Sebbene questo amore per la purezza delle cose possa averlo in qualche modo influenzato dal punto di vista artistico, la sua vita è stata tutt’altro che pura e tranquilla e il suo stile secco, asciutto – si può dire essenziale – si concilia perfettamente con il suo carattere a volte scontroso, spesso burbero e poco accomodante. Fama e popolarità lo raggiunsero già in vita, e per giunta si sposò per ben 4 volte!
Hemingway ha un rapporto privilegiato anche con l’Italia, in quanto prestò servizio durante e alla fine della Prima Guerra Mondiale – per l’American Red Cross – in città come Milano e Vicenza. Soprattutto, però, rischiò la vita per un’esplosione in una trincea nei pressi di Treviso: vi si era recato per vedere più da vicino la guerra, pensando che potesse essere un’esperienza fondamentale per la sua esperienza da scrittore. Salvo per miracolo, tornò negli Stati Uniti da eroe e la vicenda ispirerà poi uno dei suoi primi romanzi, A Farewell to Arms (Addio alle armi), del 1929.
Nel frattempo la sua carriera da scrittore decolla, insieme a quella da giornalista, ma è solo nel 1953 che avviene la consacrazione definitiva con l’assegnazione del prestigioso Premio Pulitzer per la sua opera di maggior spicco: il romanzo breve ambientato a Cuba The Old Man and the Sea (Il vecchio e il mare). Non contento di aver conseguito il più importante premio statunitense per le arti letterarie, Ernest Hemingway riceverà, un anno più tardi, il Premio Nobel per la letteratura.
Pochi anni dopo, però, i frequenti vuoti di memoria e delle crisi maniaco-depressive sempre più allarmanti lo condussero prima ad un ricovero presso una clinica privata e, successivamente, al suicidio.
Non possiamo non consigliarvi la sua opera principale, “Il vecchio e il mare” appunto, che trovate a questo link.
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J. D. Salinger
Famoso per il suo romanzo di formazione The Catcher in the Rye, conosciuto in Italia con il nome de “Il giovane Holden” (così scommetto che vi suona eh), Jerome David Salinger nasce a New York il 1° gennaio del 1919. È quindi di una generazione totalmente differente rispetto ad Hemingway, ma anch’egli sperimenterà l’ansia di una Guerra Mondiale, la Seconda, che gli procurò un’esperienza scioccante: fu uno dei primi soldati americani ad entrare a liberare un campo di concentramento nazista. Per ciò che vide, e per l’esperienza della guerra in sé stessa, dovette essere curato per qualche tempo per rimarginare le proprie ferite emotive, cosa che di fatto non avvenne mai: in molti dei suoi primi racconti il protagonista è quasi sempre un soldato rimasto traumatizzato.
I suoi temi si sono sempre concentrati su figure di giovani disadattati e solitari, per i quali è difficile provare empatia prima ancora con se stessi che con le altre persone. Ed è forse proprio per l’impossibilità di un’intera generazione di ragazzi di sentirsi comodi in una società del genere – e di poter vivere una vita normale dopo queste esperienze di guerra – che Salinger ha riscontrato così tanto successo di pubblico con The Catcher in the Rye del 1951.
Sebbene la guerra non c’entri con questo romanzo – perché è più una sorta di autobiografia risalente all’adolescenza di Salinger, quindi prima – è però fortemente presente nel protagonista un’inquietudine profonda nei confronti della propria esistenza in una città come New York, descritta come triste e decadente ma comunque ancora in piedi e vitale. Essa può rappresentare, in fondo, qualsiasi grande città d’America impregnata di middle-class (medio-piccolo borghesi) e convenzionalismo estremo in un periodo di tempo che abbraccia quasi tutto il Ventesimo secolo.
Dal 1953, quindi poco dopo l’enorme successo acquisito, Salinger si dedicò sempre più a una vita riservata, che collimava con la sua natura di persona schiva. I contatti sociali andarono sempre più riducendosi fino a condurre, nella sua lunga vecchiaia, una vita quasi da recluso.
Fu uno degli ispiratori del movimento della Beat Generation, che vedremo in dettaglio con il prossimo autore.
Ecco forse il più pazzo autore di questa lista, con cui forse solo lo scrittore successivo può rivaleggiare. Verso i vent’anni, Kerouac abbandona tutta la sua vita passata, abbandona gli studi, le convenzioni sociali e si mette a vagabondare per gli Stati Uniti esercitando i più disparati mestieri. All’inizio degli anni Cinquanta diede vita – assieme al poeta Allen Ginsberg e ad altri amici – al nucleo storico della cosiddetta Beat Generation, un movimento giovanile di rifiuto di norme imposte e di innovazione nello stile artistico, sia esso letteratura, musica o pittura.
Altri canoni che contraddistinguono questo modo di vivere – ma soprattutto di pensare – sono una sperimentazione sessuale promiscua e un utilizzo di svariati tipi di allucinogeni, oltre ad un interesse esplicito per forme religiose orientali come l’Induismo o il Buddismo, e quindi di rifiuto estremo della morale cattolica. Si può dire con certezza che la Beat Generation sia la madre di tutti i movimenti culturali nati successivamente e in opposizione al sistema, come il movimento Hippy degli anni ’60 e ’70 e il movimento del Sessantotto.
Lo stile di Kerouac – così come degli altri artisti Beat – è schizofrenico, ritmato e veloce, tanto da ispirare anche musicisti del calibro di Bob Dylan. On the Road (Sulla strada, 1957) è l’emblema del movimento e narra i più profondi e reconditi istinti dello scrittore: due amici si mettono in viaggio animati da un’infinita ansia di vita e di esperienza, cercando aiuto nelle interminabili highways dell’America e del Messico per colmare un vuoto dentro se stessi forse incolmabile. È, questo, un racconto di tappe, incontri, rivelazioni a cui i due protagonisti sentono di giungere. Amicizia, amore, ricerca di se stessi e impossibilità di stare schiacciati ed etichettati ad un’etica morale troppo finta, troppo stabile. Ma anche il silenzio delle grandi terre d’America. E l’oscurità di queste terre, sebbene spesso arse dal sole. Oscurità che riflette quell’impossibilità di comunicare per davvero che tutta una generazione si porta dietro.
Potete trovarlo qui.
L’alcolismo e una generale depressione di fondo portano via lo scrittore da questo mondo a soli 47 anni, nel 1969.
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Charles Bukowski
Ecco qui un altro pazzo scatenato. Di origini tedesche e polacche (lo si evince dal cognome), i suoi genitori si trasferirono negli Stati Uniti d’America – precisamente a Baltimora, città distante poche ore da New York City – poiché l’economia della Germania era praticamente al collasso, dopo la fine della Prima Guerra Mondiale. Trasferitisi poi nuovamente all’altro lato del continente, nella periferia di Los Angeles, le cose non andarono però meglio perché qui la sua famiglia dovette fare i conti con la Grande Depressione dovuta al crollo di Wall Street del 1929. Quest’ulteriore crisi economica ha consegnato a Bukowski un padre spesso a casa, disoccupato, e violento. Discriminato per il suo essere “tedesco”, durante l’infanzia soffrì di solitudine, insieme a una profonda timidezza che aveva origine da un’aggravata forma di acne.
Cresciuto in fretta tra le prime bevute e le prime frequentazioni politiche più disparate (da gruppi nazisti ad associazioni di estrema sinistra), Bukowski inizia una fervida attività come poeta, che lo proietta nel mondo intellettuale, ma che lui vive con un intellettualismo un po’ tutto suo. “Realismo Sporco” è l’etichetta che definisce le sue opere, ovvero una riduzione della narrazione ai suoi elementi fondamentali, resa quindi piatta, asciutta, senza particolari stratagemmi romantici.
I contenuti delle sue opere sono fondamentalmente legati al rapporto morboso che aveva con l’alcol, e alle frequenti e strambe esperienze sessuali con cui si trovava ad avere a che fare. Tutto ciò scaturiva in rapporti burrascosi e difficili con chi gli stava intorno. Oltre a questo, l’esacerbato interesse per il gioco d’azzardo.
Sebbene la sua vita e le sue tematiche possano a volte coincidere con quelle di Kerouac, in Bukowski è come se tutto fosse fine a se stesso, senza particolari forme di protesta verso il sistema o senza particolari dogmi o idee su cui basare la propria esistenza e le proprie opere. Questo realismo crudo e questa piattezza nelle descrizioni delle proprie avventure rivela un certo disincanto per la vita in se stessa, vista quindi da un’altra prospettiva, forse più animalesca e senza particolari ambizioni di sorta.
Se in Kerouac le opere parlano di un vuoto e di un’irrefrenabile ricerca per capirne e colmarne l’essenza – anche con metodi discutibili – Bukowski si limita solamente a descriverlo nelle sue più sordide, ma comunque profondamente ironiche sfaccettature.
Autore di sei romanzi in vita – nessuno dei quali spicca particolarmente sull’altro per fama o notorietà – vi consigliamo qui l’opera prima, di certo quasi sempre la più importante al fine di comprendere un autore. È Post Office, del 1971, romanzo semi-autobiografico che ha avuto una certa risonanza internazionale e che narra le vicende di un postino ubriacone di Los Angeles e della sua passione per il sesso e le corse dei cavalli.
Questi sono gli anni centrali della sua vita, ma se volete indagare anche sulla sua adolescenza allora devo fare una menzione speciale anche per Ham on Rye (Panino al prosciutto, 1982), titolo che è un palese omaggio alla famosa opera autobiografica di Salinger.
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Francis Scott Fitzgerald
Chiudiamo, dopo due anime abbastanza estroverse, con il più elegante di tutti, punta di diamante dei Roaring Twenties (gli anni ’20 del secolo scorso). Nato nel 1896, dopo vari spostamenti in giro per l’America dell’est la sua famiglia si stabilisce nella cittadina di Saint Paul, Minnesota. Fitzgerald è però attratto da New York e dalle terre ad essa vicine, soprattutto per le infinite possibilità che offrono. Frequenterà in seguito un liceo e una prestigiosa università nel New Jersey, la Princeton University. Nel frattempo le sue doti artistiche stanno già facendo uscire qualcosa: si cura di qualche spettacolo teatrale ed è un grandissimo ballerino (ha dovuto abbandonare presto l’idea di una carriera sportiva per via del fisico troppo minuto e fragile).
È però nel 1920, a soli 24 anni, che conosce il successo letterario con This Side of Paradise (Di qua dal paradiso), divenuto un cult letterario negli anni ’20. È un’auto-biografia dove ripercorre tutta la sua vita nell’Università di Princeton, ne descrive gli ambienti e gli studenti che la popolano: è un inno alla gioventù di quei ragazzi cresciuti nella società americana proprio dopo la Grande Guerra.
Lo vediamo nella foto sottostante in compagnia della moglie Zelda.
Con il successo acquisito ed una stabilità finanziaria più che notevole, trascorre i suoi Roaring Twenties vivendo tra Parigi e New York deliziandoci con un’opera straordinaria come il celebre The Great Gatsby (Il grande Gatsby, 1925), il suo romanzo più famoso. Il libro ha riscosso così tanto successo da avere in seguito anche ben 4 versioni cinematografiche ad esso ispirate, ultima delle quali quella del 2013 per la regia di Baz Luhrmann con Leonardo DiCaprio.
In questi anni conobbe anche Hemingway ed altri importanti scrittori da tutto il mondo, oltre ad iniziare una carriera ad Hollywood come sceneggiatore. Purtroppo l’incantesimo si spezza con la crisi del 1929, che lo mette in serie difficoltà economiche ma, soprattutto, con quel periodo giungono anche i primi sintomi della malattia mentale dell’amatissima moglie Zelda. Da questa tragica esperienza nasce il romanzo che vi andiamo a proporre, ovvero Tender is the Night (Tenera è la notte) del 1934, lavoro che impiega nove anni per completare, non essendone mai soddisfatto del tutto.
Ambientato in Francia, racconta la storia di un ex-psichiatra e di sua moglie, affrontando temi forti quali la disintegrazione umana e lo spreco di denaro; indagando però inoltre anche sul concetto di felicità, fantasia tanto astratta così come altrettanto ambita dall’uomo.
Lo potete trovare su Amazon a questo link.
Purtroppo, come Kerouac, Fitzgerald lasciò questo mondo troppo presto, a 44 anni, a seguito di un attacco cardiaco.
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